La parte più antica del centro storico di Gazzaniga è la via Briolini o Villa, dove da una corte dei Longobardi attorniata da case masserizie e denominata “Gagianiga”, si sviluppò nei primi secoli dopo l’anno mille un borgo rurale circondato da mura, con le porte di accesso, in posizione più elevata rispetto al fondovalle. La via corre per 360 metri tra due doppie file di case coloniche unite le une alle altre.

È ancora evidente l’impianto medioevale. Le logge rivolte tutte a mezzogiorno erano funzionali all’agricoltura. Le entrate dalla via principale erano lunghi androni, bassi e stretti, protetti da robuste porte. Al piano terra c’erano portici delimitati da ampie arcate sorrette da colonne in pietra. Le stanze (cucina, stalla) erano soffittate a volta (“scélter”).

Alle camere del primo piano si accedeva con scale esterne, logge e balconi in legno. Davanti al portico c’era il “brolo”, anch’esso protetto da alti muri e oltre a questo il fienile. Le finestre erano piccole, contornate da pietra lavorata, per lo più calcare nero locale e protette da robuste inferriate. Le pietre d’angolo massicce e i muri a scarpata facevano da contrafforti o rinforzi.

All’estremità orientale del borgo c’era la “Piazza del Consiglio”, sulla quale si affacciavano la casa comunale o “Caneva” con la taverna, la beccheria comunale, la “scaletta degli incanti” per le aste pubbliche e la chiesetta. La piazzetta era il centro della vita pubblica. Qui i capi famiglia diventati possidenti di terre emancipate si associarono e fondarono nel 1240 il Comune, scrivendo su pergamene da esporre fuori della “Caneva” i primi statuti o delibere che regolavano l’organizzazione della vita pubblica. L’assemblea, o Arengo, era convocata prima per mezzo dei banditori e “pertolam sonatam”, più tardi col suono della campana acquistata dal comune per il campanile della chiesetta.

L’Arengo eleggeva ogni anno 12 credendieri...

L’Arengo eleggeva ogni anno 12 credendieri, o uomini di fiducia, i quali eleggevano ogni anno due consoli. Venivano poi nominati i vari “officiali” del comune, come lo Scrivano, il Tesoriere o “Caneparo” (custode dell’erario), i “Talliatori” che riscuotevano le taglie o tasse, gli “Estimatori” che definivano il valore dei beni, i “Conduttori della taverna”, i “Beccari”, i “Molinari”, i “Calcatori” per il controllo dei confini, i “Campieri” per il rispetto dei campi, degli alberi e delle strade. Su queste ultime i “Cararii” e i “Cavalarii”, erano addetti al trasporto delle merci con carri o muli.

La pace di Ferrara del 1428 definì il passaggio di Bergamo e del suo territorio dai Visconti alla Repubblica Serenissima di Venezia, ma già l’anno precedente i nostri comuni della Val Seriana si erano sottomessi spontaneamente al Doge Foscari. Il comune ebbe maggiore autonomia, vennero rispettati gli statuti e diminuì la pressione fiscale. Il clima di autonomia e di pace favorì lo sviluppo delle attività produttive e dei commerci.

In un Estimo del 1476...

In un Estimo del 1476, sui 264 lavoranti censiti, solo 124 risultavano addetti all’agricoltura. Dopoquesta l’attività principale era quella della tessitura della lana e del lino con 44 addetti, o “textores”. Seguivano quelle del ferro con 25 “fabri ferarii”, della ceramica con 12 “magistri vasorum”, dell’edilizia con 10 “muratores” o “predarii” e 2 “fornasari”, del legno con 2 “resecatores lignorum” e 2 “marangoni”, del cuoio con 2 “caligarii”. Nei trasporti lavoravano 13 “cavalarii” e “cararii” e 1 “fachino”, nel commercio 9 “mercatores”, nei servizi 3 “molinarii”, 1 “beccarius” (macellaio comunale), 2 “notai” e 2 “avvocati”, oltre agli “officiali” del comune sopra citati e addetti ad altre attività minori.

Le case erano 184. Alcune erano costruite per la prima volta fuori dal borgo che cominciava ad aprirsi e ad espandersi costituendo negli anni successivi le nuove contrade, quali la “Contrada di Sotto”, del “Molini”, dei “Gilberti”, “Bonomari”, “Fabbri”, “Abondio”, “Chiesa”, “di Sopra”, “della Fontana” e “dei Pezeri”, mentre il borgo antico venne chiamato “Contrada di Mezzo”.

Le nuove case erano generalmente patrizie, costruite dalle famiglie arricchite con le nuove attività e i commerci. A differenza di quelle coloniche del borgo, avevano portali e androni più alti, ampi, eleganti, con volta a crociera e decorati o affrescati. I portici erano più spaziosi, le logge chiuse con serie di archetti e colonnine secondo l’influsso veneziano, le scale interne ed in pietra. Le colonne e i capitelli erano più finemente lavorati. Alcuni portali recano alla chiave di volta lo stemma oppure la data. Anche il borgo di Rova subì un’espansione al piano in direzione di Gazzaniga.

Intorno al centro storico...

Intorno al centro storico si estendevano le “terre vanghive”, o “aradore”, coltivate a “grani” (frumento, orzo, miglio, biade). Ne venivano ricavate anche nelle “terre runchive” o terrazzate nei pendii per avere più prodotti. Tra queste c’erano anche “terre vitate” per il vino della taverna comunale, e “terre fructive”. Più oltre le “terre prative” erano contornate da “terre castaneate” e da “cerreti”. (Il castagno e il cerro erano protetti dagli statuti. Il cerro produceva grosse ghiande per l’allevamento dei maiali e robuste travi mentre la castagna era un cibo essenziale per il lungo inverno). Dalle “terre buschive” si ricavava legname, legna da ardere, strame e carbone. Per fare il carbone si costruivano grosse cataste, specialmente col legno di faggio, si coprivano di fango con un foro centrale per il fumo e si bruciava lentamente senza fiamma. Nelle “terre pascolive” i “pecorarii” fornivano la lana per la tessitura.

L’espansione continuò, anche se più lenta, nei secoli successivi con lo sviluppo delle industrie, prima della seta e poi del cotone, ma fino all’ultimo dopoguerra si può dire che il centro storico si sia di poco modificato. Solo negli ultimi 50 anni l’espansione ha aggredito completamente il territorio di fondo valle e la collina dei Masserini e si è inglobato nella così detta “città lineare” che si snoda ormai da Colzate a Bergamo.

Purtroppo questa espansione ha fatto scomparire, nella denominazione di vie o piazze, i tradizionali toponimi, portatori di memoria storica. Fra questi si possono citare la via “Villa”, via “della Torre”, via “Castello”, via “Tragni”, la “Strecia” (ora vicolo scaletta), via del “Valesino”, del “Filatoio”, via dei “Molini”, via “Gilberti”, via “Bonomari”, via dei “Ferarii”, via “Abondio”, “Piazza della fontana”, ecc.

(Sintesi dal libro “Gazzaniga, porta aperta sulla storia”, 1990, di Angelo Bertasa)